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Intervista a Matteo Rapetti – Recruiter

Continuano le interviste con i professionisti di FourStars. Incontriamo Matteo, il nostro recruiter junior, che ci racconterà il suo percorso in ambito risorse umane e ci offrirà alcuni spunti di riflessione sulla selezione e sul ruolo che la figura del recruiter assume nei confronti di aziende e candidati.

 

Di cosa ti occupi in FourStars?

In FourStars ricopro il ruolo di recruiter. Il grosso del mio tempo lo dedico alla selezione, per ricerche di profili di stage e permanent.

Sono stato anche coinvolto nel progetto H4JOB, nato per offrire supporto agli studenti di Scuola Holden per accedere al mondo del lavoro.  In questo contesto mi occupo del career service e partecipo alle attività di placement.

Cosa ti ha spinto a scegliere di lavorare in ambito risorse umane? Cosa ti appassiona di più del tuo lavoro?

In realtà è stato un caso, non mi ero mai interessato alle risorse umane prima di entrarci in contatto. Mentre terminavo gli studi e scrivevo la tesi di laurea, ho iniziato a collaborare con una piccola società di consulenza HR. Inizialmente il mio compito consisteva nel gestire e aggiornare il database dei candidati, poi un giorno mi hanno chiesto di partecipare ai colloqui di selezione ed è scoccata la scintilla.

L’aspetto che mi appassiona di più del mio lavoro è la possibilità di entrare in contatto con ragazzi giovani che per la prima volta si affacciano al mondo del lavoro e di offrire loro un aiuto concreto.

Credo in sostanza che esistano due modi di fare selezione: da un lato una modalità che prevede un processo di consulenza completa per aziende e candidati, dall’altro la selezione finalizzata alla ricerca di un profilo per risolvere l’esigenza del cliente, senza includere momenti di crescita per i candidati.

Lavorare in un’azienda che valorizza molto l’aspetto umano e in cui non si è orientati solo al mero raggiungimento dell’obiettivo mi consente, oltre che di supportare concretamente i candidati nella ricerca, anche di dare spazio a momenti di formazione a loro dedicati, per aiutarli a capire come muoversi in un ambiente – spesso cinico – con cui non hanno familiarità.

Pensi che la formazione e l’aggiornamento abbiano un ruolo importante per il tuo settore?

Penso che la formazione e l’aggiornamento siano assolutamente fondamentali. La tecnologia sta facendo passi da giganti nel campo dell’intelligenza artificiale, sviluppando software e strumenti che, prima o poi, andranno a sostituire molte delle mansioni che svolgiamo abitualmente in ambito HR (screening, convocazione, interviste, profilazione …).

L’unico modo che noi recruiter abbiamo per assicurarci un lavoro anche nei prossimi anni è essere creativi e aggiornati. Il lato umano del recruiter va assolutamente valorizzato, all’atto pratico penso alla capacità di valutare le soft skills di un candidato in relazione al contesto in cui verrà inserito e potrà crescere.

Bisogna inoltre considerare che, così come la tecnologia, anche la società è in costante e continuo mutamento e l’unico modo per intercettare i candidati è essere formati ed aggiornati sui loro interessi, sui canali che utilizzano (e non utilizzano) per la ricerca di lavoro, sui valori che reputano fondamentali per iniziare o cambiare lavoro.

Da Millennial, cosa ne pensi dell’utilizzo dei social network per il recruiting?

Penso che i social network siano uno strumento molto utile e potente per il recruiter, dal momento che gli consentono di ottenere moltissime informazioni utili sui candidati in breve tempo per condurre al meglio i processi di selezione.

Al tempo stesso, i social possono essere un mezzo commerciale rivolto al branding di aziende e candidati: permettono all’azienda di proporsi sul mercato del lavoro e attrarre candidati e al tempo stesso consentono ai candidati di entrare in contatto con tantissime realtà in cerca di risorse per il proprio organico.

Questa “immediata e indiretta conoscenza reciproca” può diventare però una pericolosa arma a doppio taglio, sia per i candidati sia per le aziende, che troppe volte sottovalutano l’importanza dei social.

Si insiste molto con i candidati circa la stesura di un CV ordinato e professionale, ma ci si dimentica di promuovere una “pulizia” dei social da tutta una serie di informazioni che, se viste dal recruiter, potrebbero influenzarne negativamente il giudizio. Allo stesso modo, anche le aziende tendono a curare maggiormente il proprio sito aziendale, tralasciando i canali social, ormai fondamentali per attrarre candidati.

Quali sono le caratteristiche dei candidati di oggi?

Lavorando quasi esclusivamente con profili under 30, ho riscontrato in loro una doppia natura: da un lato i candidati più indolenti, propensi alle comodità, un po’ presuntuosi, dall’altro un gruppo nutrito di candidati che presentano molta voglia di imparare e di mettersi in gioco.

I giovani che appartengono a questo secondo gruppo si dimostrano per niente spaventati dalle sfide e dalle responsabilità, sempre pronti a mettersi in discussione e a sperimentare, mossi in sostanza da una gran voglia di affermarsi.

Quali sono gli errori più comuni che hai riscontrato nei cv dei candidati e durante i colloqui? Quali consigli daresti per un colloquio impeccabile?

L’errore più frequente che riscontro nei CV dei candidati è l’approssimazione: indirizzi mail e foto poco professionali, incongruenze cronologiche e tanti errori grammaticali. La stessa approssimazione emerge anche nei colloqui, a cui spesso i candidati arrivano impreparati, ad esempio senza aver studiato a dovere la Job Description.

Un altro errore che noto spesso è la standardizzazione nelle risposte, che vengono spesso date più sulla base di ciò che credono il recruiter voglia sentirsi dire, che su ciò che pensano realmente.

Mi sento quindi di consigliare ai candidati di essere il più sinceri possibile, senza paura di esporre le proprie debolezze e i punti di forza.

Il colloquio dovrebbe idealmente essere un momento di crescita, in cui l’azienda e il candidato gettano le basi per una possibile collaborazione win-win. Nel caso in cui questa collaborazione non abbia luogo, il colloquio dovrebbe costituire comunque per il candidato un’occasione per acquisire una maggiore consapevolezza di sé, delle proprie competenze e aspettative. Ciò si rivela possibile solo se il candidato affronta il colloquio in modo schietto, sia con se stesso sia con il recruiter.

Nel tempo libero alleni una squadra di pallavoliste: come fai a coniugare questa attività così impegnativa con la tua vita lavorativa?

Coniugare le due cose è praticamente impossibile, se vuoi fare bene entrambe le cose. Infatti ho preso la decisione di lasciare gli allenamenti a partire dall’anno prossimo. È stato bellissimo allenare e lavorare, ma non è stato facile. Ho sacrificato tanto del mio tempo per fare entrambe le cose.

Finché sono stato in stage mi sono sentito più tranquillo di portare avanti i due progetti parallelamente, ma adesso mi viene richiesto molto più impegno e mi viene data tanta fiducia, credo che non sia giusto non ripagarla dando il 100%.

D’altro canto, anche le ragazze che alleno avrebbero bisogno di me al 100%, quindi per evitare di deluderle preferisco farmi da parte, è giusto che loro abbiano il massimo e mi rendo conto di non poter continuare a coniugare le due attività svolgendole al meglio.

Qual è il tuo sogno nel cassetto professionale?

Direi che è tutto in divenire, credo che le aspirazioni di ciascuno siano mutevoli e possano vedere un’evoluzione a seconda delle esperienze, del contesto e delle circostanze. Vediamo cosa viene, mi apro a quello che la vita mi offrirà.

 


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